Rubriche : romanzo rossonero

Bisogna saper vincere

lunedì, 16 aprile 2018, 16:28

di simone pellico

La trasfera rossonera a Gorgonzola chiude, per il tifoso lucchese, la settimana più intensa della stagione calcistica italiana con le sentenze delle coppe europee. Nonostante solo la Roma sia riuscita a passare il Rubicone del turno, la notizia vera è il ritorno del calcio italiano, seppure in assenza di prossimo Mondiale. Un ritorno sancito non solo dalla presenza ai quarti di finale, ma da come questi sono stati giocati. Le italiane in Champions League hanno praticamente scritto nei 90 minuti delle partite di ritorno un manuale di psicologia applicata. Entrambe reduci dai pesanti passivi dell’andata, non hanno ceduto alla crisi isterica ma hanno raggiunto il nirvana sportivo. Lì hanno forgiato una forza tranquilla poi inveratasi nei monaci guerrieri che sono scesi in campo a gestire la battaglia più dura. 

La Roma poteva cedere mentalmente per aver preso quattro gol a Barcellona pur giocando bene, con due rigori non concessi e facendosi due autogol. E avendo contro una squadra talmente fortunata da far pensare che abbia una qualche divinità protettrice ben ammanicata nel pantheon che conta. Se a questo ci aggiungiamo che lo stile di gioco del Barça - seppur piuttosto appannato a questo giro - è quanto di più irritante ci sia per un avversario, la possibilità che i giallorossi si presentassero tremanti di rabbia era quotata. Invece nessun eccesso di falli, nessuna partita di reazione ma di azione. Squadra padrona del campo e del gioco, pressing alto e idee chiare, compattezza dei reparti e giocate individuali che suonavano come assoli coerenti di un’orchestra. Davanti a cotanto spirito guerriero neanche la dea Fortuna catalana ha potuto niente. Anzi, il destino ha reso giustizia facendo segnare Manolas e De Rossi, che all’andata avevano sbagliato porta. 

Situazione mentale analoga per la Juventus, che ha visto all’andata profanare il suo Stadium dalle prodezze di CR7. Nell’arena di Madrid però la Juve non ha dominato, ma si è calata perfettamente nel ruolo di torero, riuscendo ad affermare lo stile italiano: difesa solida, capacita di incassare e soffrire, ripartenze efficaci. E gestione perfetta delle fasi di gara. I bianconeri hanno piazzato subito la prima banderilla sulla groppa del Madrid, per poi giocare di capote davanti alla sfuriate dell’avversario. Come il torero studia i movimenti del toro per capirne il modo di attacco e i punti deboli, la Juve dopo aver resistito all’angolo ha colpito nuovamente appena i blancos hanno abbassato la guardia. La pausa fra primo e secondo tempo è servita per focalizzare bene l’obbiettivo: fare un solo gol per arrivare ai supplementari. E così è (quasi) stato. A rovinare il piano perfetto il rigore. A rovinare la bella lezione di stile italiano le rivendicazioni bianconere. Sono infatti i gesti di stizza contro avversari e arbitro ad avere sancito la vera sconfitta. La Juve accusata di favoritismi in Italia che va in Europa a piangere le stesse lacrime. L’appello ai “diritti umani sportivi” fatto da Buffon ha poi costituito l’apice di una montagna triste fatta di pensiero debole, castrazione mediatica e segno dei tempi. La realtà che non viene capita, combattuta e vinta, ma ridotta a una poltiglia arcobaleno che ognuno di noi dovrebbe avere al posto del cuore. E così invece di cadere in piedi con onore, la Juve ha preferito buttarsi in ginocchio a piangere.

Dal miracolo romanista e dal quasi miracolo juventino, si arriva all’antimiracolo laziale. Gli aquilotti erano chiamati al passaggio più facile ed esistono poche spiegazioni scientifiche al suicidio di massa messo in atto. In questo caso la psicologia ci parla di sbalzi di umore. La prima rete di Immobile ha creato una frattura nello spazio-tempo facendo cambiare direzione all’ordinario corso degli eventi. Come una sassolino che colpisce un palazzo e lo fa crollare. Quel gol infatti ha mutato gli assetti mentali in campo, facendo scattare il meccanismo che ha distrutto chi l’aveva avviato. A passare il turno è così quella creatura orribile formata da un toro rosso, dalla prostituzione del calcio e dalla mercificazione dei sentimenti. Quel Salisburgo che nel 2005 ha fatto un patto con il diavolo, vendendosi alla multinazionale RedBull ed entrando nella sua scuderia, in quella polisportiva commerciale che con i soldi travolge storia e simboli. Così la squadra ha cambiato nome e addirittura colori sociali, per essere in linea con il nuovo padrone. Fortunatamente al Lipsia - l’altra squadra RedBull creata in provetta - questa volta il bianco-azzurro non ha portato fortuna. Dopo aver battuto Napoli e Zenith, la terza squadra di identici colori gli ha fatto lo scherzo: il Marsiglia ha ribaltato il risultato vendicando anche la bianca-azzurra Lazio.

Dopo i grappoli di gol maturati nelle coppe, i lucchesi arrivati a Gorgonzola si augurano che la primavera faccia effetto anche da quelle parti, facendo maturare marcature e vittorie. Il primo tempo non lascia crescere troppe speranze, la Giana Erminio è l’unica che attacca. Poi uno striscione viene issato come una bandiera, come una vela che non può che attirare il vento giusto: “Lotta Panterona, te lo chiede Daniele”. Daniele è un giovanissimo tifoso, che sta giocando una partita molto più dura di quella in scena a Gorgonzola. I suoi primi tifosi sono la sua famiglia, che lo supporta, soffre e lotta con lui. Poi ci sono tutti i tifosi rossoneri, fra cui la notizia di Daniele ha fatto il giro in fretta, spegnendo tanti sorrisi ma accendendo negli occhi la determinazione di fare la propria parte, seppur piccola, piccolissima. Così lo striscione compare, il corno suona, la Pantera risponde. Baroni acciuffa gli ultimi minuti di primo tempo per cambiarsi di ruolo e interpretare quello di attaccante. Il centrale difensivo appare a Fanucchi che cerca un rimorchio a cui affidare la palla. Baroni riceve, attacca l’area senza trovare opposizione. Allora ci crede e tira un diagonale che passa sotto le gambe di un collega difensore e si infila nell’angolo opposto. Baroni sa chi deve ringraziare e lo farà a fine partita, dedicando la vittoria a Daniele.

Il vantaggio rossonero infatti non verrà più rovesciato. Nel secondo tempo la fascia di Russu è la rampa di lancio delle azioni più pericolose, e da una di queste nasce il raddoppio. Il sardo crossa da dentro l’area un traversone che Cecchini impatta al volo violando la rete sotto il settore ospiti. Il bottino è pieno, la Lucchese mette in classifica tre punti che significano salvezza, che schiariscono finalmente un cielo che a tratti sembrava di piombo e consentono di fantasticare con i play off. Del resto, bisogna anche saper vincere.



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