Rubriche : romanzo rossonero

La sosteniamo o no questa Lucchese, c'mon!

domenica, 5 maggio 2019, 20:01

di emanuela lo guzzo

Ancora una volta 4 maggio. A cinque anni dal capolavoro di Correggio che ha riportato la Lucchese nel calcio professionistico, i rossoneri conquistano all’ultimo tuffo la possibilità di continuare a inseguire la salvezza regalando ai propri tifosi la forza di crederci ancora. Di crederci, non di sperare. Ché la speranza è dei pessimisti, degli sfigati e di chi, dopo una stagione surreale come questa, non riesce ancora a riconoscere il miracolo sportivo e umano verificatosi a Lucca. Il Porta Elisa non è il luogo adatto agli agnostici e agli scettici e lo dimostra Mattia Lombardo che, con il suo gol partita realizzato dal dischetto, fa il Pecchioli della situazione cancellando con il destro anche l’autorete di Espeche, l’errore di Tarantino, le imprecazioni di Pagliuca e la faccia scura di Fracassi. Il boato che segue il gol è il riassunto dei riassunti di un’annata folle, balorda e bellissima nonostante tutto. Di una storia pazzesca che non è ancora finita grazie all’irriverente faccia tosta di una squadra con il suo staff tecnico e di una tifoseria fantastiche, poco inclini alla rassegnazione e al compromesso. Con orgoglio, maniche rimboccate, uno spessore sublime e senza tanti ricami. Tutti così forti e così uniti da non lasciarsi affondare né distrarre, da non farsi piegare né umiliare da chi con ogni mezzo ha cercato – e riteniamo che continuerà a cercare – di uccidere la Pantera. Si possono cancellare le scritte sui muri, non i fatti o i misfatti. E la passione e la serietà, fortunatamente, non si comprano un tanto al chilo.

Alla corsa dei rossoneri sotto la Ovest spariscono per un attimo gli affanni, la rabbia e le sofferenze degli ultimi dieci mesi, compresa la data minacciosa del prossimo 14 maggio. Rispettiamo chi persiste nell’ostinata visione del calcio come di un semplice gioco, ma abbiamo la fortuna di trovare ogni settimana argomenti, spunti e motivi per contraddire quel luogo comune che ignora il valore culturale e aggregativo di cui è capace il pallone nonché la meraviglia di condividere tutto e non solo la propria passione con quelli che in quei novanta minuti sono i tuoi più intimi estranei. Clima partita, gradoni sporchi, posti in piedi o a sedere, brusii, oscillazioni della testa quando una delle bandiere che ti sventolano davanti ti fa vedere le azioni a singhiozzo, profumi, puzza di sudore di ascelle al vento per le braccia alzate, imprecazioni, fischi, risultati dagli altri campi e gioie incontenibili. Il cancello dello stadio separa la vita quotidiana di ognuno dall’esaltazione comune per i propri colori. La vittoria dei rossoneri assicura alla Lucchese i play out precludendo i play off al Pontedera e, oltre all’immensa soddisfazione per l’obiettivo raggiunto, al Porta Elisa si respira anche il sottile godimento per uno sgambetto fatto bene ad avversari verso i quali l’antipatia è manifesta. Quella sensazione di infantile compiacimento che, sempre nei limiti della lecita rivalità, è un po’ come aver rigato la fiancata della macchina nuova dell’inquilino del piano di sopra e aver ricevuto pure l’approvazione degli altri condomini.

L’ultimo capitolo della stagione regolare ci lascia l’immagine della squadra in festa sotto la curva con Marco De Vito nei panni di brillante capopopolo con in mano il megafono del lanciacori. E tra i canti e l’esultanza del popolo rossonero in festa, un pensiero va ai piccoli tifosi che nel corso del campionato hanno vissuto con il cuore la magia della Lucchese: Daniele, Jonathan, Gioele, Lorenzo, Alessio e tutti quelli di cui ci sfugge il nome. E poi a Simone Greselin spettatore di eccezione; a Enzo Biato, per la grande professionalità in un momento per lui delicatissimo, a Enrico Turelli, irriducibile volontario silenzioso che da anni - senza tanti proclami né pretese di ringraziamenti – presta il proprio servizio inappuntabile alla causa rossonera; a Ombretta costretta suo malgrado a casa dopo un infortunio sui gradoni dello stadio di Chiavari la settimana scorsa. Alle tante piccole realtà imprenditoriali e sportive locali che si sono schierate al fianco della Lucchese, ma anche a tutte quelle che invece se ne sono ben guardate contribuendo a chiarire tanti aspetti delle contorte dinamiche cittadine. E a chi purtroppo non c’è più: Picone, Sara, Vannelli, Marcone, Claudio Di Bert, Giuliano Lombardi, tutti grandi appassionati rossoneri che al fischio finale hanno sicuramente richiamato gli occhi dei propri cari al cielo.

Come ha scritto sul proprio profilo Facebook Bruno Russo, un nome che a Lucca non ha bisogno di presentazioni: “Per le giornate come il 4 maggio vale la pena amare qualcosa. Lucchese nel cuore”.



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