Galleria Rossonera

Berti e il calcio malato: "Ormai è normalità non rispettare gli impegni presi"

domenica, 11 agosto 2013, 17:31

di diego checchi

Due anni da sogno che ricorderà per tutta la vita: la storia di Alessandro Berti, portiere che dalla 3° Categoria è diventato professionista in un batter d’occhio. Berti fu voluto alla Lucchese dall’allora direttore generale Paolo Giovannini e da mister Quironi ed è stato nel gruppo che ha vinto il campionato di C2 arrivando poi 7° in C1. Adesso ha smesso di giocare ma quei due anni gli rimarranno sempre nel cuore. Ha potuto esordire sia in C2 che in C1 ed è stato a contatto con giocatori importanti, insomma, è diventato un calciatore vero.

Innanzitutto, che ricordi ha della Lucchese?

“Ho ricordi sia belli che brutti… per fare un esempio, un ricordo molto bello è stato quello della promozione in C1: abbiamo lottato e sudato tutto l'anno ed infatti ci siamo meritati a pieno la promozione! Un altro ricordo bello sicuramente va al mio ex mister Davide Quironi che mi ha allenato in maniera decisamente fantastica, sia dal piano umano che tattico. Un pensiero brutto va al secondo anno della mia esperienza alla Lucchese, sia perché alla fine ci fu il secondo fallimento, sia per il comportamento di persone all'interno della società che non fecero il bene della Lucchese, ma anzi… Comunque per me è stata una grande esperienza che mi ha fatto capire molte cose e mi ha fatto crescere come persona”.

Per quale motivo ha smesso di giocare a calcio?

“Per due motivi principalmente: innanzitutto, subito dopo la fine del secondo anno di Lucchese, mi feci male alla mano, mi tagliai il tendine di un dito che mi costrinse a star più di tre mesi fermo e in secondo luogo perchè che questo calcio malato mi ha fatto passare la voglia di giocare…”.

A cosa si riferisce quando parla di calcio malato?

“Principalmente al fatto che ormai ci sono poche bandiere e molti mercenari e poi perchè è diventata la normalità, da parte delle società, non rispettare gli impegni presi”.

Ci può raccontare l'emozione degli esordi in C2 e in C1?

“Sicuramente l'emozione del primo anno è stata molto più grande rispetto all'anno successivo a Castellammare, anche perché ero in casa, nel mio stadio, sotto gli occhi della mia gente: un emozione così, non penso che si possa descrivere… Anche l’esordio in C1 è stato molto bello, però sicuramente lo sentii molto meno sia per la situazione della partita (stavamo perdendo 4-0) che per l’andamento del campionato (ormai non potevamo più andare ai play off e l'umore era a terra)”.

Cosa le ha insegnato Quironi, sia dal punto di vista umano che tecnico?

“Per me è e sarà sempre il mio mister! Umanamente mi ha insegnato, anche fuori dal campo, ad usare più la testa in svariate occasioni e dentro il campo ad essere più cattivo. Tatticamente, diciamo che mi ha rimodellato da cima a piedi. Si può dire che con lui sono diventato un "portiere". Mi ha fatto capire la logica del calcio e come affrontare tutte le situazioni che si possano venir a creare in campo”.

 



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