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Magnani rossonero a vita: "La contentezza per la Lucchese la tengo tutta per me"

venerdì, 20 giugno 2014, 08:15

di diego checchi

Capire che si deve per forza dire basta, fermarsi a riflettere e pensare quale sarà il futuro sapendo che comunque il calcio ti ha dato tanto ma ti ha più volte voltato le spalle e non ti ha permesso di continuare una carriera abbastanza importante e anche ricca di soddisfazioni perché eri riuscito a ritagliarti uno spazio nella squadra della tua città, a giocare ed essere stimato per l’impegno e per la voglia che mettevi quando andavi in campo. Gli infortuni, i fallimenti e il ripartire verso altre mete che non ti hanno dato quello che speravi. La voglia di riprovarci, proprio nella tua Lucchese in Eccellenza, ma dopo appena una presenza la consapevolezza che il tuo ginocchio non reggeva e allora la decisione più grande della tua carriera: appendere le scarpette al chiodo e buttarsi nello studio e fare il preparatore atletico provando grandi soddisfazioni. Questa è la storia per sommi capi di Antonio Magnani, un ragazzo e un uomo che la piazza di Lucca non dimenticherà mai. Era da un po’ che non lo sentivamo ma lui è sempre lo stesso, schietto, un ragazzo che fa capire le emozioni anche attraverso una linea telefonica che ha saputo rialzarsi dopo tanti momenti brutti e che sa prendere sempre il bello della vita.

Che cosa sta facendo adesso Antonio Magnani?

“Sto finendo l’Università e a settembre spero proprio di riuscire a laurearmi in scienze motorie. Lo scorso anno ho iniziato l’avventura da preparatore atletico a Gavorrano, prima con Gabriele Cioffi, poi con Marco Masi e per finire con Marco Cacitti. Nonostante la retrocessione per me è stato un anno di grande apprendimento e grande entusiasmo perché sono riuscito a stare sul campo e a fare quello che più mi piace: aiutare una squadra a livello atletico e occuparmi del recupero infortunati dando consigli ai giocatori anche secondo la mia esperienza da calciatore”.

Quanto le è pesato lasciare il calcio?

“Tanto, ma credo che nella vita, quando si chiude una porta, si apre un portone. Sono dell’avviso che continuare a giocare mi avrebbe peggiorato la qualità di vita dovendo andare avanti con il ghiaccio sul ginocchio e con degli antiinfiammatori senza avere la sicurezza durante gli allenamenti. Adesso sto dando tutto me stesso per quello che sto facendo e poi, ad agosto, mi nascerà anche una bambina, quindi diciamo che mi sto godendo tutto quello che mi sta capitando, dando il massimo”.

Per quale motivo ha deciso di fare il preparatore atletico?

“Diciamo che da quattro o cinque anni la mia vita era divisa fra campo e centri di fisioterapia. Quindi, Giorgio Datteri ma anche altri professori come Riccardo Guidi, Franco Ferrini e Nicola Bianchi, mi hanno fatto appassionare a questa professione e devo dire che ascoltando tutti i loro consigli mi sto trovando molto bene”.

Quanto conta il preparatore atletico nella gestione di una squadra?

“Credo che durante le settimana conti circa un venti per cento mentre nel ritiro precampionato, un preparatore atletico può andare ad agire meglio su ogni singolo giocatore perché non c’è l’ossessione del risultato. A Gavorrano lo scorso anno sono arrivati tanti giocatori alla spicciolata ed io, prima di proporre il lavoro, ho cercato di parlare con loro e di capire quale fossero le loro problematiche e per ogni elemento ci vuole un inquadramento posturale iniziale. Poi ho bisogno di capire dal giocatore come riuscire a farlo rendere al meglio alla domenica. Per esempio, se un elemento esperto si trova meglio a fare un esercizio, continuo a farglielo fare per poi cercare di fargli capire perché il sottoscritto ne propone un altro”.

Crede nei lavori personalizzati?

“Si va sempre più verso questa situazione. È chiaro che per fare dei lavori personalizzati come minimo ci dovrebbero essere sempre 2 o 3 preparatori e ciò non è possibile. Allora cerco di dividere i giocatori in gruppi prendendo quelli con le stesse caratteristiche e di farli lavorare al meglio”.

Come intende la figura del preparatore atletico?

“Una volta il preparatore atletico era un soggetto che proveniva dall’atletica leggera. Adesso deve essere sempre vicino all’allenatore e consigliarlo anche nei lavori che va a fare sul campo. A me piacciono sia i lavori a secco ma adesso si va sempre più nel lavoro atletico usando il pallone, che poi è l’attrezzo da utilizzare durante la gara. L’evoluzione è anche questa”.

Che cosa pensa della promozione in Lega Pro della Lucchese?

“Da tifoso sono molto contento, è chiaro, ma questa contentezza me la tengo per me e ho fatto i complimenti a quelle persone che mi sono più vicine. Non sono un personaggio molto televisivo e a volte anche un po’ schivo. Ma questo è un lato del mio carattere e non vuol dire che non partecipi emotivamente alle situazioni. Colgo l’occasione per ringraziare Bruno Russo e tutta la dirigenza rossonera perché mi hanno permesso di riprovare a giocare a calcio dato che questa era l’unica soluzione che avevo. Io alla Lucchese sono venuto gratis, senza chiedere niente e sarò sempre grato a tutti per avermi dato questa nuova opportunità, ma è ovvio che i guai fisici hanno preso il sopravvento”.

Quale è stata la sua stagione più bella in rossonero?

“Credo quella con Pea e Stringara. Nonostante non riuscimmo ad andare ai playoff, mi resi protagonista dando il meglio di me”.

E il momento più brutto della sua carriera?

“Quando ero alla Virtus Entella a Chiavari ed ho capito che in quel ginocchio c’era qualcosa di grave che non mi permetteva di fare le cose al meglio”.

Che cosa si augura per la Lucchese?

“Che con quest’anno si apra una lunga storia nei professionisti e che non si soffra più come quando ero a Lucca con fallimenti e tante altre cose brutte”.



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