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Deoma: "Regolamento alla mano, la Lucchese sarà promossa"

giovedì, 9 aprile 2020, 08:15

di diego checchi

Daniele Deoma si racconta. Forse non ha mai parlato così tanto e non è mai andato così sul personale. L’abbiamo contattato telefonicamente: quando parla trasporta e trasmette anche a chi scrive i concetti con una enfasi ed un calore diverso. Deoma è questo, prendere o lasciare. Non ha mezze misure e dice sempre ciò che pensa senza tanti giri di parole,  questa sua spontaneità non a tutti può piacere ma onestamente lo apprezziamo così com’è, visto che ormai lo conosciamo da 20 anni e sappiamo quanto ci tenga alla Lucchese e a questo progetto. Con il diesse rossonero però siamo voluti partire da lontano, da quando ha iniziato a giocare al calcio e poi inevitabilmente siamo passati all’attualità.

”Sono nato in una piccola città dove il calcio era il gioco di strada. Da li, piano piano ho fatto tutte le trafile del settore giovanile del Licata fino alla Primavera per arrivare all’esordio a 18 anni nella partita contro il Siracusa in Serie C1. Poi due anni al Gela in Serie D di cui il secondo anno sono stato capocannoniere della squadra vincendo il campionato. L’anno dopo sono andato in Serie B al Pescara di Delio Rossi ma li ho trovato poco spazio anche perché nel mio ruolo c’erano mostri sacri che avevano fatto anche la Serie A e dopo quattro mesi sono stato mandato in prestito di nuovo al Gela in Serie C2. L’anno seguente sono stato ceduto all’Ascoli in C1 per due stagioni e da li, vivendo già con l’attuale compagna di vita mia moglie Teresa, ho cercato di farmi avvicinare al suo posto di lavoro. E così è stato, quell’anno sono arrivato al Pisa di D’Arrigo. Dopo dal 2000 al 2006 con l’intermezzo di una stagione a Latina, sono venuto a Lucca che è diventata la mia città di adozione".

Che bagaglio di esperienza gli ha lasciato Lucca come giocatore e come uomo? 

“Il bagaglio che mi ha lasciato l’esperienza fatta a Lucca come giocatore e come uomo è stato straordinario. Una società come quella con Grassi presidente non c’entrava niente con la Serie C1 dell’epoca perché aveva potenzialità e organizzazione da categoria superiore. Un avventura importante che mi ha permesso di giocare in una delle piazze più importanti in Italia. I ricordi che mi porto dietro oltre alla finale playoff persa per tornare in Serie B, sono i compagni di squadra con cui ho vissuto quel periodo, da Gabriele Baraldi che per me è come un fratello, al mitico Michele Tambellini, a Toni Carruezzo attuale secondo di Monaco, senza dimenticare i giovani che salivano da un settore giovanile straordinario. Posso citare Masini, Lenzini, Romanelli, che hanno giocato con me e Donati, Masiello e Torregrossa che sono frutto di quello stesso settore giovanile. A Lucca in quegli anni eravamo una famiglia".

Perché a deciso di lasciare Lucca da giocatore? 

“Ho deciso di lasciare Lucca chiudendo la carriera a Pontedera perché gli acciacchi fisici erano diventati troppi, insostenibili e non mi permettevano più di giocare a certi livelli. Da li ho deciso di intraprendere la carriera di direttore sportivo, anche se all’inizio la mia mansione era quella di capo dell’area tecnica, e non ho mai pensato alla carriera di allenatore perché penso per quella ci vogliono altre caratteristiche ed altre qualità che non ho".

"Ha avuto subito una grande opportunità a Castelnuovo da direttore sportivo…

Ho iniziato a Castelnuovo con il presidente Marchini ma con il cambio di proprietà me ne sono andato insieme ad altri collaboratori dell’epoca fra i quali Davide Quironi, Matteo Superbi e Bruno Russo che era l’allenatore. Il presidente Marchini ci aveva dato carta bianca ma quando le sue condizioni di state si sono aggravate sono arrivate persone in società che non ci piacevano ed allora ci dimettemmo in blocco. Poi sono stato a Bellaria, a Treviso, a Mantova. Per un periodo ho anche lavorato per la Lucchese come osservatore tramite Silvio Giusto. Nel frattempo ho fatto il corso per direttore sportivo a Coverciano abilitandomi nel 2012.” 

Da calciatore quali sono gli allenatori che ricorda con maggior piacere?

“Come calciatore posso fare due nomi. Il primo Orrico che mi trasmetteva grandi cose a livello umano. Tutti credono che sia una persona rude e scontrosa ma ti forma come giocatore e come uomo. Per lui in campo ero disposto a tutto e la sua lealtà era incredibile. L’altro era Viscidi. Grandissimo lavoratore, grande professionista con una preparazione a livello tecnico-tattico eccezionale.” 

Avrebbe mai pensato di tornare a lavorare con la Lucchese da diesse? 

“No. A Lucca vivo da più di 20 anni ed ho sempre seguito la Lucchese anche quando lavoravo fuori. Non avrei mai pensato di tornare a lavorare per la Lucchese come lo sto facendo adesso. Devo anche dire che tutto quello che è successo negli ultimi mesi è frutto di un attimo, quell’attimo in cui abbiamo capito che c’era la possibilità di salvare almeno la Serie D come categoria. Va anche detto che se avessero voluto nel dicembre 2018 avrebbero potuto pilotare il fallimento come ha fatto la Carrarese l’anno prima e salvare la categoria, lo dico contro ogni mio interesse perché se avessero intrapreso quella strada molto probabilmente non sarei qui a parlare di Lucchese come direttore sportivo. Noi abbiamo fatto semplicemente quello che andava fatto in quel momento e per noi intendo, Mario Santoro, Bruno Russo e Alessandro Vichi. Abbiamo ragionato sulla possibilità di sostenere economicamente e a livello organizzativo una società di Serie D con l’orgoglio di farlo per una piazza come Lucca. L’amore che abbiamo per questa maglia è infinito e con presunzione penso che sia in quel momento che in questi mesi siamo stati e siamo gli unici che potevano fare quella scelta e che potevamo fare quello che siamo riusciti a fare fino ad oggi. Eravamo comunque anche gli unici perché siamo stati gli unici ad organizzarsi e a fare le corse per iscrivere la squadra alla Serie D, altrimenti i colori rossoneri sarebbero ripartiti dalla terza categoria. Con la Lucchese in Serie C non si sarebbe mai avvicinato nessuno con credibilità anche dopo aver salvato la categoria perché il debito era superiore ai 3 milioni di euro e a quei prezzi si acquisiscono squadre di Serie B. Non siamo avventurieri e gli avventurieri da questa società devono stare lontano.” 

Che tipo di progetto ha oggi la Lucchese?

 “Lucca oggi ha un progetto di almeno 5 anni, ma con questa società. La Lucchese adesso ha credibilità, quella stessa che erano anni che non si vedeva. Le gestioni scellerate che hanno portato a tre fallimenti, hanno fatto perdere onore e dignità ad una città e ad una grande tifoseria. Noi stiamo cercando di recuperare dignità e categorie. Dobbiamo onorare questa maglia attraverso il lavoro incredibile del presidente Bruno Russo bravissimo nel tessere le tele delle pubbliche relazioni, e quello immenso e straordinario di Mario Santoro che è un privilegio avere in società, e attraverso il lavoro prezioso di Alessandro Vichi, tutto questo impegno perché la tifoseria e la città merita tanto, tantissimo.” 

Che novità ci sono sul progetto del nuovo stadio? 

“I tempi si sono dilatati a causa della situazione ahimè conosciuta, e tra fine aprile e maggio sarà presentato il progetto del nuovo stadio perché il futuro parte da li, un Porta Elisa rinnovato sarà il fiore all’occhiello. Il virus però ha messo giustamente tutto in secondo piano. Lo dico io che oltretutto ho una moglie dottoressa e che rischia la vita tutti i giorni in prima linea. Detto questo sto pensando anche alla squadra, al futuro della rosa che con qualche ritocco può far bene anche in Serie C. La Lucchese a tal proposito non sarà una ripescata ma andrà in Serie C perché saremo promossi come vincenti del campionato avendone già giocato due/terzi come da regolamento. Quando sarà ufficiale potremmo festeggiare insieme ai tifosi che se lo meritano più di chiunque altro. Sento parlare di ripescaggi ma non sarà così nemmeno per le seconde e le terze in classifica che potranno accedere alla categoria superiore soltanto se qualcuno rinuncerà. Ma ancora dobbiamo pensare che ci potrà essere, anche se remota, la possibilità di giocare e finire questo campionato. Noi saremmo felici di poter finire il campionato perché per prima cosa vorrebbe dire che tutto si è sistemato e saremmo ancor più contenti di poter festeggiare la vittoria sul campo anche ad agosto ma in assoluta sicurezza, cosa difficilmente fattibile.”

Calcisticamente qual è stata la soddisfazione più grande di questa stagione?

 “La soddisfazione più grande che ho avuto in questa stagione sono state le vittorie esterne di Caronno e quella di Prato". 

Vuol mandare un augurio ai tifosi? 

“Il messaggio che mando ai tifosi, ma anche a tutta la città è che ci manca tanto stare insieme a tutti loro. Mando un augurio a tutte le famiglie di buona Pasqua in un momento così triste per tutti, con il desiderio di tornare quanto prima alla normalità. E’ giusto che i nostri tifosi si tolgano delle grandi soddisfazioni perché negli ultimi anni hanno sofferto anche troppo".

 

 

 

 



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