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La nuova vita di Emanuele Bianchi

lunedì, 12 novembre 2012, 09:32

di diego checchi

La nuova vita di Emanuele Bianchi: è proprio giusto dire così perché non è facile decidere, da un momento all’altro, di smettere di giocare a calcio dopo l’ennesimo infortunio avvenuto durante un allenamento con il suo Ghivizzano: “Francamente, non avevo voglia di farmi riaprire il ginocchio. Mi sono già operato tre volte e quindi ho deciso di mollare tutto. Con il Ghivizzano avevo un accordo chiaro sul fatto che, se mi fossi rifatto male, il rapporto si sarebbe interrotto immediatamente e così è stato”.

Non deve essere stato facile decidere di lasciare così, su due piedi…

“È vero, ma quando capisci che l’infortunio è avvenuto per un problema meccanico del ginocchio e non per un movimento sbagliato che hai fatto, bisogna rendersi conto che non c’è niente da fare. Avrei dovuto rioperarmi senza nessuna sicurezza sulla riuscita dell’intervento e allora, francamente, ho preferito fare altro”.

Cosa?

“Intanto, lavoro per una casata di vini a Montecarlo di Luigi Davini e faccio il rappresentate. È la stessa per cui lavora anche Corrado Ferracuti. Poi, alleno i bimbi del 2002 alla Lucchese Junior e anche lì, è nato tutto per caso”.

Ci racconti…

“Il figlio di Pero Simi, che è un mio amico, è andato a lavorare all’estero e ha dovuto lasciare l’incarico di co-allenatore insieme a William Mazzanti e allora hanno contattato me. Ho deciso di provare per una settimana ed ho capito che questo ruolo mi piaceva. Di conseguenza mi sono accordato con Rotolo ed ho iniziato questa avventura. Faccio tutto questo cercando di non pensare a quello che mi è successo e, per fortuna, non ho tempi morti nelle mie giornate”.

Si è dato una spiegazione per tutti questi suoi infortuni?

“Evidentemente, nel corso della prima operazione è stato sbagliato qualcosa ed è rimasto un difetto all’interno del ginocchio”.

Tornerà mai a giocare a calcio?

“Per il momento no. Ci sta che, tra qualche anno, lo possa fare con gli amici negli Amatori”.

È vero che allena anche dei portieri?

“Sì, do una mano ai portieri del San Concordio, anche se è difficile migliorarli dal punto di vista tecnico, perché sono già esperti. È chiaro che cerco di fargli capire qualcosa di più sul posizionamento e sulla lettura della partita, basandomi sulle mie esperienze”.

Nonostante questi infortuni, come valuta la sua carriera?

“Mi ritengo fortunato perché, fino ai 27 anni, ho potuto fare quello che ho amato fin da bambino e cioè il calciatore professionista. Ho avuto delle esperienza importanti, sia con la Lucchese che con la Sampdoria ma soprattutto con il Perugia dove, al terzo anno, con Cuccureddu, ci siamo tolti delle belle soddisfazioni arrivando alle semifinale di play-off anche se poi abbiamo perso. Mi ricordo che quella stagione eravamo partiti male ma poi ci siamo risollevati”.

La sua carriera è partita proprio da Lucca…

“Certamente, la squadra della mia città mi ha lanciato e devo ringraziare D’Arrigo che ha creduto in me, portandomi in panchina in C1. È da lì che sono stato convocanto nella rappresentativa di categoria e, l’anno dopo, sono stato chiamato nella Primavera della Sampdoria. È ovvio che avrei potuto fare di più ma, un po’ per gli infortuni e forse anche per colpe mie, sono arrivato a collezionare solo una presenza in B con il Piacenza”.

Cosa pensa di quello che è successo alla Lucchese negli ultimi anni?

“Mi ricordo che quando eravamo in C1 e sfiorammo la Serie B, perdendo la finale con la Triestina, la società era molto ben organizzata e sembrava di essere già in Serie B se non addirittura in Serie A per la scrupolosità della società. Poi, è successo quello che è successo perché ci sono state persone che hanno voluto lucrare sulla squadra. I proprietari di ora, sono molto seri e conosciuti a Lucca. fanno il passo secondo le loro possibilità”.

Cosa significa aver avuto suo padre Massimo come preparatore?

“Non lo dico perché sono suo figlio ma lui è un preparatore che ci capisce e devo dire che mi ha insegnato bene le basi di questo ruolo”.

Qual è stata la sua miglior partita in rossonero?

“Quando ero alle giovanili e vincemmo il torneo Maestrelli. Ricordo quella gara con grande piacere, eravamo proprio una bella squadra tant’è che la metà di quei giocatori hanno fatto carriera tra i professionisti”.

Parlando ancora della sua nuova avventura di allenatore, come vede il suo futuro?

“Vorrei continuare ad allenare i ragazzi in queste categorie. Non mi piace il calcio dei grandi perché, secondo me, entrano in ballo delle cose che con il calcio c’entrano poco. È inutile andare nel dettaglio, chi vuol intendere…”.

Su cosa state lavorando con i ragazzi del 2002?

“Intanto, loro giocano ancora a 7 e quindi un’idea di calcio ben precisa non l’hanno ancora. Si cerca di fargli capire cosa deve fare un portiere, un difensore, un centrocampista e un attaccante. Inoltre si lavora molto sulla tecnica individuale. Mi trovo molto bene con William Mazzanti, abbiamo 21 ragazzi e cerchiamo di fare sempre due squadre equilibrate. A proposito, nella mia prima uscita da allenatore al Porta Elisa ho già vinto un torneo e mi sono divertito parecchio”.

 

 



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