Galleria Rossonera
mercoledì, 1 aprile 2020, 08:20
di diego checchi
Era tanto che non parlavamo con Antonio Obbedio e anche lui è a casa come tutti gli altri in questo momento di emergenza per il coronavirus. Con lui parliamo prima che di calcio anche di aspetti umani perché conosce molto bene una delle realtà più colpite da questa emergenza sanitaria. Ovviamente parliamo anche di calcio e della Lucchese. Quella dell’anno scorso e quella di quest’anno.
Come sta passando questo momento?
“Come tutti, con grande apprensione. Abito a Giulianova e fortunatamente non ci sono tanti casi”.
Le manca il calcio?
“Non solo il calcio, ma proprio la libertà di movimento. Poter uscire e fare ciò che si vuole nella propria vita privata. Le relazioni sociali”.
Le misure restrittive però ci vogliono…
“Certamente, anzi, secondo me dovevano essere più restringenti visto come ne sono usciti velocemente in Cina, però è stata la prima volta per tutti quindi nessuno può dire cosa avrebbe potuto fare al posto di chi c’è al comando. L’importante è vedere il trend positivo dei contagi”.
Ha una casa a Bergamo.
“A Bergamo ho i miei zii, mia sorella e suo marito e un nipote. I miei zii sono entrambi positivi e tutti e due a casa. Fortunatamente da ieri stanno meglio e mio zio non ha più l’ossigeno. Hanno avuto 10 giorni in cui se la sono passata veramente brutta”.
Conosce diverse persone a Bergamo.
“Mi sento al 60, 70% bergamasco. Perché a Bergamo ci sono cresciuto. È un popolo chiuso che all’inizio può sicuramente non avere un impatto di empatia piacevole, poi se entri nelle loro corde, è un popolo straordinario. Senza mai lamentarsi, uscendo sempre dalle situazioni con i propri mezzi. Nell’ultima situazione hanno fatto l’ospedale da campo più grande d’Europa nel più breve tempo possibile. Anche rispetto alla Cina. Conosco la sofferenza che stanno passando. Ho diversi ex compagni che hanno contratto il virus, ma nessun bergamasco si sta lamentando o piangendo addosso. Hanno uno spirito particolare”.
In questo momento è giusto che il calcio passi in secondo piano.
“Finché non si tornerà alla vita regolare. Ci saranno dei tempi. Magari all’inizio ci consiglieranno di uscire con la mascherina. Poi penso si tornerà alla vita regolare. Potremo pensare sia al calcio che a tutto lo sport”.
Questi discorsi che tutti fanno sono un pò qualunquistici: non si espone sulle date di una possibile ripartenza.
“A me viene da ridere perché leggo delle dichiarazioni assurde. In questo momento si farebbe meglio a stare zitti e attendere i vertici del governo, assieme a quelli del calcio che prenderanno le decisioni più giuste che, ovviamente, non accontenteranno tutti. Credo saranno decisioni che faranno meno danni possibili”.
È d’accordo sul fatto che il 40 % delle società di Lega Pro scompariranno?
“Questa percentuale è troppo alta. La cosa su cui bisognerà stare attenti è che qualcuno ci vorrà marciare sopra. I più penalizzati saranno i tesserati che non percepiranno i soldi. Secondo me sarà giusto non giocare ora, magari giocare a luglio e agosto e allungare i contratti ai tesserati. Soprattutto per quelli di Serie C perché in pochi hanno i contratti pluriennali e come si può chiedere a questi calciatori di rinunciare al loro stipendio, dato che la maggior parte di questi percepiscono una cifra che si aggira ai 30.000 euro netti all’anno. Anche loro devono vivere e quindi bisognerà studiare una formula giusta. Non credo che i giocatori obiettino sul fatto di giocare durante il periodo estivo. Sono convinto che le regole si possano cambiare anche in corsa”.
Che ricordi porta dentro di Lucca?
“Tre anni intensissimi, con obiettivi raggiunti sia dal punto di vista economico che sportivo a prescindere dalla pochezza societaria che abbiamo avuto l’ultimo anno. Quest’ultimo mi ha dato tantissimo soprattutto sui rapporti umani. Si è visto come una tifoseria può aiutare una società di calcio ad andare avanti. Quello dell’anno scorso è stato un capolavoro, non un miracolo, perché il nostro risultato è stato costellato dal lavoro giorno dopo giorno. Da tutti, dai tesserati, dai giornalisti, dalla tifoseria. Da tutti. Ci hanno supportato tutti nei momenti più difficili”.
Segue la Lucchese anche adesso?
“Sta facendo un campionato importante considerando la partenza ad handicap. Per di più la società composta da persone di Lucca è la cosa più importante. Spero proprio che possano fare molto bene. Non voglio dire quella parola per scaramanzia”.
Per quanto riguarda lei che tipo di progetto sta aspettando?
“Stavo rientrando a dicembre poi ci fu lo sciopero della Serie C per la defiscalizzazione e si bloccò tutto. Vediamo quest’estate cosa accadrà, anche se con i campionati fermi le cose andranno per le lunghe. Intanto attendo e vedremo”.
Si è pentito di scendere in Serie D a Messina dopo l’esperienza di Lucca?
“Non tanto di andare in Serie D ma della scelta che ho fatto perché pensavo di trovare persone diverse. A volte nei Dilettanti si trovano dei personaggi che rispecchiano la categoria nella quale stanno giocando”.
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