Rubriche : ROMANZO ROSSONERO
mercoledì, 4 dicembre 2019, 10:43
di alessandro lazzarini
Il bisogno di trasformare la realtà della quotidianità in qualcosa di sublime che somigli al sogno è la necessità impellente di quasi tutti gli uomini. Chi ha i mezzi si affida all'arte, altri a libri, film e così via con una lista variegata di attività chiamate di 'evasione' in cui lo sport, specialmente il calcio, rivestono un ruolo di primo piano. 'Evasione' da cosa? Dai piccoli problemi quotidiani, dalle giornate scandite dal lavoro, dai fatti che non sono quasi mai conformi alle aspettative; in questo senso ogni mezzo di 'evasione' ha una dignità che è data proprio dal fine per il quale si fa tramite, eppure i cosiddetti uomini che si ritengono di cultura o sono ai vertici della società o della politica sovente guardano con disprezzo chi si affida a rimedi considerati 'popolari', come i 'cinepanettoni', i salotti 'rosa' pomeridiani o per l'appunto il gioco del pallone. La puzza sotto il naso però a volte è solo un modo per non accettare il mondo in tutte le sue sfaccettature e, certamente, è impensabile per costoro riuscire a comprendere quale euforia, quale incontro con un'estasi metafisica e irrazionale possa essere partecipare a una vittoria straordinaria della squadra amata.
Chi crede dunque che il calcio possa essere uno spettacolo da vendere sottoforma di figurine 'social' possedute da multinazionali che veicolano i loro gesti seriali a ogni ora del giorno, dimentica l'imponderabile e atavica ragione del successo planetario di questo sport che, non ci stancheremo mai di dirlo, non è da ricercarsi in ciò che si vede, ma in ciò che si prova, vale a dire dal coinvolgimento emotivo dato dal sentirsi parte di un popolo, una realtà mitizzata nella squadra che la rappresenta sul campo. Sono valori che il calcio industria consumistica non è ancora riuscito del tutto a cancellare e allora in tutto il mondo e in tutte le categorie, malgrado l'incessante richiamo alla tv per seguire i campioni ai massimi livelli, ci sono persone che seguono la loro squadra feticcio senza cedere all'omologazione che li vuole pubblico pagante di un prodotto massificato. Queste persone girano sui più impensabili campi di periferia, senza preoccuparsi del livello della loro squadra e senza svendere i propri sogni utopici per un prodotto griffato da supermercato: sono una delle poche espressioni odierne di ribellione al sistema dei consumi, rivoluzionari veri guardati con disprezzo dalle sardine che si accalcano in piazza davanti al grande magazzino della politica pronta a fagogitare e vanificare senza distinzione alcuna qualsiasi forma di aggregazione priva di valori riconoscibili e coalizzata solo in nome di una reazione a qualcosa di cui in verità fanno già parte a priori. Certo, non stiamo intendendo dire che i tifosi delle piccole squadre siano sempre consapevoli dell'anticonformismo dei loro gesti, o che sia il tifo stesso a fornirci le chiavi del cambiamento, ma di certo chi guarda dall'alto in basso certe forme di evasione popolare potrebbe a volte fermarsi a riflettere sul fatto che uno dei presupposti necessari per riuscire a sfuggire all'omologazione è prima di tutto riconoscersi in un sistema di valori condivisi (pur futili che siano), quindi incastonare tali valori in una somma di principi, infine saperli tradurre in azione finalizzata ad inseguire sogni apparentemente estranei ad ogni razionalità condivisibile dalla cultura egemonica .
E' solo così che in una domenica pomeriggio qualsiasi, anziché atomizzati in una massa qualsiasi, sia essa una piazza o il divano con Sky o Dazn, ci si può ritrovare a Caronno sotto il diluvio con gli avversari in vantaggio di due reti a cinque minuti dalla fine e uscire vittoriosi e commossi e euforici, sia per aver vinto che per aver compiuto, inconsapevolmente o meno, un vero gesto di rottura contro il sistema.
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