Galleria Rossonera
domenica, 10 febbraio 2013, 09:39
di diego checchi
Un uomo, un nome, una garanzia. Quando si parla di Emiliano Pellegrini nel giornalismo sportivo lucchese, bisogna alzarsi il cappello e ascoltare, perchè nessuno più di lui può raccontare le vicende rossonere accadute nel corso degli anni. Ogni domenica, con la sua voce inconfondibile, entra nelle case dei tifosi e racconta in maniera molto personale le partite della Lucchese facendosi trascinare dagli eventi del campo. Con lui abbiamo voluto ripercorrere questi anni, sia dal punto di vista personale ma anche per quanto riguarda la Lucchese. Questa intervista tocca argomenti molto interessanti che hanno quanto meno il dovere di far riflettere su come è cambiato il calcio nel corso del tempo.
Come è iniziata la sua avventura nel mondo del giornalismo?
“A 18 anni entrai per la prima volta nella sede della “Nazione” e mi occupavo di ciclismo. Ho iniziato a fare il giornalista perchè mio padre era corrispondente del “Corriere dello Sport - Stadio” e mi piaceva l'idea di intraprendere questa avventura. Nel 1969 presi il posto di mio padre come corrispondente del “Corriere dello sport - Stadio” ed iniziai a trattare il calcio e la Lucchese. Alla “Nazione” ero il “piccino di bottega” avendo davanti due esperti del mestiere come Leone Grassi e Paolo Galli”.
Quando è entrato a Radio 2000?
“Iniziai facendo soltanto alcuni collegamenti dato che la radio credeva molto nel calcio come mezzo di attrazione. Poi, nel 1985 iniziai a fare le radiocronache ma, a quell'epoca c'erano soltanto i telefoni fissi e di conseguenza non si potevano fare le interviste dagli spogliatoi. La svolta importante fu quando vennero inventati i telefoni cellulari, il vecchio “Motorola”, con i quali potevamo fare le prime interviste a caldo dando ai tifosi le sensazioni sulle partite di allenatori, giocatori, ecc, ecc”.
Poi c'è stata l'esperienza in televisione.
“Ho iniziato negli anni '90 con “Tv Studio Lucca” con la trasmissione “Parliamone Insieme” dove venivano inviatati personaggi dell'ambiente rossonero. C'erano anche il pubblico in studio e le telefonate “senza filtro”, quindi capitava che le persone al telefono andassero fuori tema”.
Quali sono state le sue soddisfazioni personali?
“Ce ne sono state due in particolare: la prima ci C2 vinto a Civitavecchia con Renzo Melani in panchina, la seconda è la Finale di Coppa Italia a Palermo al nuovo stadio “La Favorita” nella stagione 1989 /90 nella stessa stagione dove fummo promossi in C1. Fu la Lucchese che in Sicilia inaugurò lo stadio del Palermo. Ricordo che via radio incitavo i tifosi presenti in “Piazza Grande” a Lucca dove c'erano gli alto parlanti e tutti potevano ascoltare assieme la gara. Fino alla fine del primo tempo ci saranno state 200/300 persone, mentre alla fine della gara si potevano contare 5000/6000. Un gran numero. C'è una leggenda che si tramanda da quella partita perchè dalla battuta dell'ultimo calcio di rigore rossonero di Pascucci, a quando comunicai che la Coppa Italia era stata vinta dalla Lucchese, i tifosi dissero che passò molto tempo. In verità passò soltanto qualche secondo. Il giorno seguente venne in redazione un tifoso che mi disse: “Durante quel rigore mi sono troncato un braccio e la colpa è della tua radiocronaca”. Allora io risposi: “Dai la colpa a Pascucci che ha segnato il rigore, se non avesse fatto centro, non ti sarebbe successo niente”. E da lì scoppiò una risata”.
Che cosa pensa dei nove anni di Serie B?
Intanto c'era una società strutturata nel migliore dei modi. Inoltre sono andato negli stadi di tutta Italia a commentare le partite della Lucchese, in tutti quelli dove si sono svolti i mondiali di Italia 1990”.
Quali sono stati i suoi rapporti con gli allenatori di turno?
“A volte conflittuali, a volte no. Con Vitali e Meregalli i rapporti di stima sono andati al di là del lavoro. Sono dell'avviso che alla base del lavoro del giornalista ci sia il dovere di esprimere il proprio pensiero anche se non è condiviso dalla società. Un giornalista deve cercare di avere le notizie e tutto ciò può urtare la suscettibilità di qualcuno, specialmente in periodi di calciomercato. A Lucca ci sono stati momenti di silenzio stampa, sia con la Nazione che con il Tirreno. I dirigenti apprezzano il giornalista se parla bene, ma è il gioco delle parti”.
Per quale motivo, secondo lei, in pochi anni la lucchese ha subito l'onta di due fallimenti?
“Credo che siano state situazioni molto diverse, il fallimento di Fouzi è arrivato perchè il presidente, dopo aver messo tanti soldi nella società, facendoci anche sognare, ha avuto delle difficoltà economiche e sono convinto che i soldi che ha messo nel calcio li abbia persi tutti, inoltre è stato mal consigliato da diversi personaggi. Quello di Valentini e Giuliani mi ha lasciato più l'amaro in bocca, visto che non sarebbero serviti molti soldi per salvare la baracca. Purtroppo sono entrati in gioco altri aspetti che non c'entravano niente con il calcio ed allora, poi, non si è potuto fare gran ché. Quello che è certo è che Valentini e Giuliani non si sono buttati nel calcio lucchese per interessi sportivi ma per altre vicende completamente separate dal calcio”.
Diciamoci la verità: la Lucchese, a livello di piazza, cosa si meriterebbe?
“Mi spiace dirlo ma, nel corso degli anni è calato lo zoccolo duro di spettatori. In B ce n'erano 5000, in C 2000 o 3000 adesso 1000-1500. Non c'è stato ricambio generazionale e i ragazzi giovani non vengono più allo stadio perchè hanno troppi interessi diversi e forse, in parte, per l'avvento delle pay-tv dove si può vedere tutta la Serie A. Non do tutta la colpa a queste situazioni ma il calcio non aggrega più come una volta”.
Cosa pensa della nuova società?
“Siamo ripartiti dopo avere mandato giù un boccone amaro. Se non fosse stato per Bruno Russo e la sua passione per i colori rossoneri, non si sarebbe certamente creato questo gruppo di amici che poi sono diventati i soci. A Bruno va dato atto di essere riuscito a costruire una squadra dal niente ed averla portata a vincere il campionato di Eccellenza con grande anticipo. Anche quest'anno, dopo alcuni errori, forse perchè ha puntato troppo sui ragazzi molto giovani, è stato bravo a correggere il tiro e rinforzare in corsa la squadra, permettendoci di lottare fino in fondo per il campionato. Adesso, bisognerà vedere se Bruno Russo non verrà limitato dal suo carattere non troppo incline a scendere a compromessi”.
Si aspetta che entrino nuovi soci?
“Certamente, credo sia indispensabile per sostenere costi superiori a quelli attuali, in ottica di una possibile promozione in LegaPro”.
Qual è stato il giocatore più forte che ha potuto ammirare a livello tecnico?
“Dico, senza dubbio, Simonetta che quando eravamo in Serie B fu penalizzato da un infortunio che lo tenne fuori 4 mesi, altrimentiavrebbe potuto spiccare il volo”.
E l'allenatore che l'ha impressionata di più?
“Si torna sempre lì, a parlare degli anni d'oro quando in panchina c'era Corrado Orrico. Lui e Zeman erano gli unici, in quel periodo, a giocare a zona e fare calcio innovativo. La sua zona-pressing che sembrava essere così offensiva, si basava sul tener palla più degli avversari e di conseguenza ci si difendeva meglio, scatenando quel trio la davanti: Paci, Donatelli e Simonetta che, se in giornata, facevano impazzire chiunque”.
La Lucchese è stata una squadra di bomber...
“Senz'altro da D'Urso in poi non ci siamo fatti mancare mai un bomber e gli ultimi, in ordine cronologico, sono stati Paci e Carruezzo, ovviamente mi riferisco a quelli più rappresentativi.”
Com'è cambiato il calcio rispetto a vent'anni fa?
“Una volta veniva privilegiato l'aspetto tecnico e la velocità delle giocate era nettamente inferiore. Adesso, tutti gli allenatori chiedono ai ragazzi di aggredire gli avversari e di fare un pressing esasperato. Questo vuol dire che, fisicamente, si è più preparati rispetto al passato, nell'ottica di voler ottenere un risultato a tutti i costi”.
Qual è stata la battuta che ricorda di più delle sue radiocronache?
“Sono tante, ma una che posso sottolineare è quella che, dopo un tiro della Lucchese parato dal portiere, dissi che la squadra avversaria aveva segnato un gol e questo, i tifosi lo ricordano sempre”.
Quali sono i suoi obiettivi per il futuro?
“Finché avrò entusiasmo e salute continuerò a fare il giornalista e le radiocronache della Lucchese. Sono del parere che l'entusiasmo, anche se le vicissitudini a livello calcistico non sono positive, bisogna averlo comunque e così è stato anche quando siamo ripartiti dall'Eccellenza”.
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