Rubriche : romanzo rossonero
domenica, 21 aprile 2019, 18:44
di simone pellico
Ci sono sconfitte che si ricordano al pari delle vittorie. Per l’intensità della gara, per la condizione emotiva di chi la vive, per l’energia generata dalla dinamo umana di giocatori e tifosi. Per gli applausi a fine gara a scena aperta per la squadra. Non lo diresti che ha appena perso una partita che stava vincendo. Che i giocatori sul binario di bordo campo siano gli eroi di una tragedia greca, che la piazza che li applaude sia sull’orlo di un precipizio. Una ‘piazza’ ristretta, per pochi intimi. Gli amanti del bel gesto, delle epopee che anche un’epoca di scuse può vedere nascere. I figli di quel disperato amore per la propria città, per la storia di una squadra, per i colori di una maglia. Che stanno ritti sulla prora della nave come pirati all’arrembaggio di Tortuga, nonostante ci sia scritto Titanic sullo scafo.
Pochi, troppo pochi gli amanti del Porta Elisa. Nonostante l’orario serale di un giovedì. Dove sono gli altri? Non a fare il giro delle sette chiese, perché a Lucca stasera sono chiuse. La morte con la speranza di risorgere si celebra qui, al tempio pagano del calcio. Qui è il sacrario, la veglia, la fede. Con la luna piena come un sole, con la torre di tribuna che la saluta, ritto come un cipresso a vegliare il campo santo da gioco. Quel campo da cui escono i rossoneri a giocare una partita fantasma. Come morti viventi, uccisi dal tradimento, animati però dal fuoco fatuo del disperato amore, che non cede, che non muore.
Chi ha tradito? Stasera al Porta Elisa finalmente la curva ricorda il padre di una trinità nefasta. Dà un nome all’innominato. Stasera Arnaldo Moriconi entra ufficialmente in un coro, in uno sfogo tenuto troppo tempo al guinzaglio. Dopo che la fideiussione è stata dichiarata definitivamente carta straccia, dopo l’ennesimo chiodo piantato nella croce rossonera insieme ai punti di penalizzazione. Quella fideiussione che Moriconi, Tambellini e compagnia cantante avevano dato per buona. Qualcuno aveva promesso. La promessa non è stata mantenuta. Qualcuno aveva giurato. Il giuramento era una menzogna.
In un’epoca di scuse, di finte e di bugie il popolo rossonero, fatto di tifosi e squadra, ha fatto la sua via crucis. L’ha fatta con la dignità che la società non ha avuto. L’ha fatta da solo, con la finta vicinanza di media e amministratori, realmente presenti solo quando devono insultare chi veglia fedele la pantera, fuori dalle mode, oltre le stagioni. In piedi e fedeli, come i cipressi nei camposanti. La morte è qualcosa di eterno, il popolo rossonero ha rubato una scheggia di questo tempo fuori dal tempo, per dare una lezione di stile a tutti, a tamburo battente, per scrivere un epitaffio bellissimo per la tomba. Nella speranza della risurrezione.
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