Rubriche : oltre le mura
lunedì, 20 maggio 2013, 10:11
di fabrizio vincenti
C'era una volta Italia '90 e i nuovi, ma già vecchi prima ancora di essere terminati, stadi del Belpaese. Da allora, in Italia, gli interventi a sostegno di nuovi impianti per rilanciare il mondo del pallone sono praticamente inesistente, con l'eccezione, splendida, dello Juventus Stadiume e dei progetti della famiglia Pozzo a Udine. Nel frattempo il calcio europeo ha innestato la quinta marcia e i governanti pallonari italiani hanno fatto ciao ciao con la manina, guardando allontanarsi sempre più i concorrenti.
I dati sugli impianti nostrani sono impietosi. A partire da quello dell'età media: 62 anni in serie A, 54 in B, 56 in Prima Divisione, 61 in Seconda. Facile aggiungere che l'ultimo grande sforzo di edilizia sportiva è stato compiuto sotto il Ventennio mussoliniano. Piaccia o no. Da allora, poche eccezione e alcune, come lo stadio delle Alpi di Torino, da incubo. Ma i dati sugli stadi italiani dicono altro, come mettono in risalto nella loro curata ricerca "Il calcio ai tempi dello spread" Michele Uva e Gianfranco Teotino. Nel 2010-2011 il livello di riempimento degli impianti è stato del 59 per cento in serie A. qualche termine di paragone? Eccoli: in Inghilterra siamo all'92 per cento, al 91 in Germania, al 75 in Spagna, al 79 in Francia: media pari al 78 per cento. L'Italia è indietro anni luce, insomma. Anche come presenze medie: 23.541 contro le 35.294 dell'Inghilterra, le 28.221 della Spagna e le 42.665 della Germania. Sotto di noi solo la Francia con 19.742. Sempre che valga come consolazione. In Italia, negli ultimi 15 anni, il peggioramento è costante: si è perso circa il 20 per cento degli spettatori.
Gi stadi nostrani non hanno i bagni per gli standard europei, un livello dei servizi pessimo, terreni di gioco mal ridotti, mezzi pubblici per raggiungerli carenti, molto spesso hanno la pista che limita la visibilità, ospitano eventi per pochi giorni all'anno, salvo il caso del San Paolo di Napoli dov'è stato scoperto di recente l'affitto illegale dell'impianto per matrimoni, incontri amorosi, prime comunioni. Ci sarebbe da ridere o da piangere. Fate voi. Quasi mai gli impianti sono di proprietà, per quanto su questo punto non esistano certezze: in Germania e Francia esistono forme di partecipazione tra le società e gli enti pubblici che funzionano, solo l'Inghilterra esprime nella sua totalità stadi di proprietà dei club. Il recente boom del calcio tedesco viene messo in relazione anche ai tempi medi di presenza degli spettatori allo stadio: 230 minuti, ben oltre la durata della partita, segno che l'impianto viene vissuto e per il club diventa uno "stadio ricavo" anziché uno "stadio costo", generando guadagni non solo legati al botteghino.
Quello che pare certo è che i nuovi impianti sviluppano presenze. La gente è stufa di utilizzare impianti che offrono comodità da anni '50, mentre tutto il mondo è cambiato e le opzioni per passare la domenica pomeriggio in modo diverso sono esponenzialmente cresciute. Nuovi impianti-maggiori presenze è praticamente un'equazione. Basta sfogliare i dati dei nuovi impianti, a partire da quello della Juventus (+70 per cento) per rendersene conto. Ma è così ovunque, e i casi limite del Bayern con il 100 per cento di riempimento dell'impianto in ogni gara fa impressione. Due considerazioni a margine: la capacità di tenere "botta" in questo momento di crisi generale pare passi proprio dal livello di servizi ei di modernità dell'impianto e non è direttamente collegato al prezzo dei biglietti. In Italia, in serie A, il prezzo medio nel 2010 era pari a 20,9 euro, ben sotto l'Inghilterra (48,3), la Germania (29,2). la Spagna (50,4). Eppure le presenze vanno a picco.
Se si scende di categoria è addirittura un bagno di sangue: in B, nella solita annata calcistica, le presenze medie sono state 5082 per una percentuale di riempimento del 30 per cento; in Prima Divisione 2363 (26%), per arrivare al dato desolante della Seconda Divisione: 709 spettatori medi per il 20 per cento del riempimento degli impianti. Spettacoli per pochi intimi. La situazione attuale, naturalmente, non è figlia del caso: in Inghilterra, tanto per dire, sono stati investiti 3113 milioni di sterline per ammodernare o costruire nuovi impianti con un effetto a cascata che ha investito anche i club delle serie inferiori. Stesso dicasi per la Germania, partita con leggero ritardo, ma che sta recuperando tutto il terreno perduto. Persino la Francia si è mossa, grazie all'Europeo 2016. L'Italia, come detto, è sempre al palo e la stessa legge che doveva favorire la costruzione dei nuovi impianti langue da anni in parlamento. Di recente si è mossa la Lega di serie B, proprio allo scopo di sviluppare una nuova politica sugli stadi in collaborazione con il Credito Sportivo. Una piccola fiammella, staremo a vedere.
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