Rubriche : romanzo rossonero

Porta Elisa desolato: vince il divano e la miseria del calcio in tv

lunedì, 28 ottobre 2019, 15:12

di alessandro lazzarini

"Perché, perché

La domenica mi lasci sempre sola

Per andare a vedere la partita

Di pallone

Perché, perché

Una volta non ci porti anche me

Chissà, chissà

Se davvero vai a vedere la tua squadra

O se invece tu mi lasci con la scusa

Del pallone

Chissà, chissà

Se mi dici una bugia o la verità"

Care signore lucchesi, ricordate le parole della celebre canzone di Rita Pavone? Ecco, se avete un marito che vi racconta che la domenica va a vedere la Lucchese non vi fidate, perché lo stadio è desolantemente vuoto e la scusa possiamo dire che non funzioni più.

Certo, erano altri tempi, oggi le cose funzionano diversamente e il rituale domenicale maschile per eccellenza si svolge sul divano a guardare la serie A sul maxischermo e comunque la partecipazione femminile ha 'impestato' i gradoni degli stadi, anche loro trasformate in consumatrici di calcio come vuole il protocollo dell'industria del pallone, oggi peraltro tutta impegnata a cercare di ampliare ulteriormente il mercato cercando di rendere appetibile anche il prodotto calcio femminile, in modo da arrivare a una ipotesi di quotidianità del tifoso-consumatore che dovrebbe essere fatta di partita a colazione, pranzo, cena ogni giorno della settimana.

A parte gli scherzi non si capisce proprio come qualsiasi appassionato di calcio, e parliamo di veri amanti del gioco non di seguaci gossippari che guardano la partita per vedere come è pettinato Ronaldo, possa preferire una partita in tv a una partita di qualsiasi categoria dal vivo, col campo visibile per intero, i canti del pubblico, il coinvolgimento fisico coi calciatori e così via. Già le odiose telecronache fatte in due con l'ex giocatore tutto intento a prendersi sul serio mentre fa il commento tecnico basterebbero a disgustare un autentico amante del pallone: avete notato che l'intento della telecronaca non è più arricchire quanto si vede, aiutarci a capire cosa succede, ma per lo più riempire ogni momento della visione e soprattutto far passare merda per cioccolato? Facciamo a capirsi, i mitologici gesti sportivi che spacciano questi venditori di fumo quasi sempre sono normali abilità tecniche, ben poche volte succede lo straordinario che viene narrato, di fatto il calcio televisivo è circonvenzione di tifoso incapace, cioè incapace di distinguere lo sport, un gioco, da una commedia teatrale. Il momento più degradante di questo baraccone è quando viene passata la linea al 'bordocampista', quel soggetto che sta seduto vicino alla panchina e che viene preso regolarmente a pesci in faccia da qualsiasi protagonista in trance agonistica a cui avvicina il microfono, ed al quale per contratto deve fare domande completamente innocue, scavando il fondo del barile della banalità ogni volta che entra in scena. Quando non intervista poi, è anche peggio, interviene per annunciarci che di lì a un minuto entrerà tizio al posto di caio (ma che cazzo ce ne frega lo vediamo dopo pochi secondi no?) o per rivelarci altre scene di vita vera tratte dalla panchina, tipo 'Conte si sta scaccolando', 'Sarri ingoia il mozzicone che usa biasciare ogni volta che De Ligt fa un fallo di mano in area' (ne deve mangiare una decina a partita). A completare questa tragedia del ridicolo poi è arrivata la 'Var', la tecnologia al servizio del calcio, lo strumento che doveva metter fine alle teorie del complotto ma che invece col suo utilizzo incomprensibile riesce perfino ad alimentarne di più, a conferma del fatto che la tecnologia è sempre e solo un mezzo che senza l'uomo non può raggiungere alcun obiettivo e che, dunque, quando la metti in mano a uomini mediocri riesce a produrre solo ingenti disastri.

Questo è il calcio televisivo, il calcio che ci stanno vendendo, e per carità lo capiamo benissimo che è meraviglioso aver la possibilità di vedere i Campionati del Mondo, le grandi sfide di Coppa Campioni o gli scontri decisivi della Serie A, opportunità che solo pochi anni fa non esistevano e si sfruttavano le radioline, ma in fondo che questa miserabile messinscena abbia prodotto la desertificazione degli stadi italiani di ogni categoria ad esclusione di quella di vertice ci sembra un delitto i cui colpevoli non sono certo gli artefici di questo baraccone, ma coloro che si sono fatti trascinare nel vortice della credenza che il bello del gioco del pallone lo si possa cogliere dal divano: come si diceva, chi ama davvero il calcio come sport e come gioco, sa bene che l'unico modo per apprezzarlo veramente è andarlo a vedere di persona, foss'anche negli amatori, così come è sempre meglio toccare una donna o un uomo bruttini ma veri che guardarne di bellissimi su Google. 

La realtà supera il virtuale, fino a prova contraria, e allora non si capisce perché i tanti sedicenti amanti del calcio che sembrano esserci in giro, non si sente parlar d'altro in ufficio o al bar, non vadano allo stadio. Poco importa se la Lucchese è fallita, se gioca in serie D e se non vince: al Porta Elisa la domenica c'è sempre l'occasione di vedere il più alto livello calcistico disponibile vicino casa e, se anche è comprensibile che in queste condizioni ci sia ovviamente meno presenza, la desolazione delle tribune come nella gara col Fossano è più che un sintomo di disaffezione: è completa rassegnazione alle nuove logiche dell'industria pallonara che vuole come prodotto di consumo solo il calcio delle multinazionali. 

Ora siccome già pochi anni fa a vedere la Lucchese anche nelle partite più insignificanti c'era dieci volte la gente che c'è oggi, qua bisogna cominciare a porsi seriamente la domanda se a Lucca vi siano le condizioni per proporre calcio di un certo livello, investire soldi in uno stadio o pretendere di vincere nei dilettanti perché 'siamo la Lucchese': dato che, anche a ragione, si leggono sfottò alla squadra' debole', si richiama il blasone e si pretende tutti che visti i colori indossati si facciano certe prestazioni e risultati, siamo sicuri come pubblico di avere il diritto a fare questa rivendicazioni? Il prestigio e la tradizione ci sono ancora, sono storia, ma con questa partecipazione diventeranno un ricordo.

Vero che così va un po' da tutte le parti e che non è iniziato adesso lo stillicidio di presenze, basti pensare alla straordinaria stagione scorsa, con la Libertas forse più amata di sempre seguita da un pubblico irrisorio che oggi viene ricordato come oceanico, ma con questi numeri c'è poco da pensare di esser più di un Real Forte Querceta, come attesta anche un Porta Elisa trasformato in una balera d’altri tempi dalla riproposizione ossessiva e incomprensibile di ‘A mano, a mano’ di Rino Gaetano.

Comunque, sportivamente la Lucchese finalmente domina una partita al cospetto di un Fossano non pervenuto. Quando si dice 'domina' non si pensi che i rossoneri siano arrivati a tirare in porta: pericolosi, si, ma sempre girando intorno all’area di rigore, perché la fase di finalizzazione è un problema irrisolto e i gol arrivano solo su rigore o calci da fermo. Semmai c'è che la società ha iniziato a parlare da Lucchese, forse anche un po' troppo entusiasticamente, cioè come una squadra che con questa categoria non c'entra nulla. Peccato che proprio ora che ha iniziato a farlo i tifosi si siano dimenticati di andare a vedere la partita.



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