Rubriche : romanzo rossonero

Se fossimo sapienti diremmo che 'la Lucchese beve un brodino', ma non lo siamo

lunedì, 14 ottobre 2019, 14:49

di alessandro lazzarini

E' il 2 febbraio 1403 e il signore di Lucca Paolo Guinigi col suo sontuoso seguito è in trepidante attesa a Ponte San Pietro, pronto ad offrire i migliori onori alla donna che deve diventare la sua seconda moglie e che è prossima all’arrivo in città dopo un lungo viaggio. Otto giorni prima da Zuccarello era partita alla volta di Lucca la figlia del ricco marchese di Savona e Signore di Finale, d'altra parte le due città da oltre un secolo intrattenevano fruttosi rapporti commerciali, con le pregiate stoffe e tessuti lucchesi in viaggio verso la città ligure, quindi era certo conveniente rinsaldare i rapporti con un matrimonio. All'arrivo della giovane ventiquattrenne, quello che Paolo Guinigi forse non si aspettava era di trovarsi di fronte una donna di stupefacente bellezza, una bellezza che poi sarà consegnata all'eternità. Il giorno successivo si celebrarono le nozze in San Romano, i nobili locali portarono in dono le più squisite prelibatezza, giullari e musicanti trasformarono la corte in una festa indimenticabile e poi i due giovani sposi partirono per un viaggio nuziale in Garfagnana, Versilia e Pietrasanta. Momenti forse felici in cui nessuno ancora avrebbe potuto prevedere che quella ragazza di Zuccarello sarebbe di lì a pochi anni divenuta forse la donna lucchese più famosa della storia e il soggetto della più preziosa e strabiliante opera d'arte della città. Nove mesi dopo nacque Ladislao, primo figlio della coppia, ma nel 1405 il parto della secondogenita fu fatale per la giovane madre e sposa. Paolo, sconvolto, volle che a realizzare il sarcofago funebre fosse uno dei più celebri artisti dell'epoca, Jacopo Della Quercia, che per realizzare l'opera interruppe la scultura della Madonna della Melagrana nel Duomo di Ferrara e venne a Lucca dove, si dice incantato dalla incomparabile bellezza delle giovane, fu ispirato a una lavorazione maniacale del marmo, reso quasi trasparente per riprodurre le dolci ed eteree fattezze di Ilaria del Carretto e di un cagnolino ai suoi piedi simbolo di fedeltà coniugale. La scultura è oggi considerata una delle meraviglie del '400 e la sua bellezza ha ispirato poeti come D'Annunzio, Quasimodo e Pasolini.

Ovviamente di questo antico legame fra Lucca e Savona non c'è più alcuna traccia oggi che le due città si incontrano per una partita di calcio della Serie D nazionale, ma ci sembrava giusto ripercorrerne la storia anche per non annoiare l'eventuale lettore col racconto di una partita che definire orribile a livello di spettacolo è certamente riduttivo. La Lucchese infatti, angosciata per il disastroso campionato fin qua intrapreso, cambia modulo e serra le fila abbottonando lo schieramento iniziale con una difesa a tre schermata dal mediano Cruciani: insomma, prima non prenderle, deve essere stato il ragionamento dettato dalle circostanze, e infatti gli ospiti producono praticamente niente in attacco. Fin qua ci siamo, il problema è che nemmeno la Libertas (noi la vogliamo chiamare così, col suo nome storico, che dovrebbe campeggiare a nostro avviso anche su Wikipedia senza essere rimpiazzato da eventuali denominazioni sociali che si presuppongono essere momentanee) si fa notare nel reparto offensivo e riesce a concludere la partita senza tiri in porta, complice anche la scellerata decisione di schierare Nannelli esterno a tutta fascia. Intendiamoci, non è che il giovane abbia giocato male, ma francamente l'unico che riesce a combinare qualcosa davanti è sempre lui e partendo da più lontano ci arriva meno spesso. Insomma, mancando attualmente un gioco corale in grado di avere qualche idea su come impensierire le retroguardie avversarie, l'unica risorsa sono le invenzioni individuali di Nannelli e del più discontinuo Vignali, il resto al momento è nullo: Gueye non pervenuto, sembra buttato in campo per intercettare qualche pallone di testa a centrocampo, Falomi non servito e nel complesso un po' statico non riesce a far salire la squadra. Comunque uno dei più gettonati luoghi comuni dei grandi esperti della narrazione calcistica recita che, quando c'è una crisi di risultati, la miglior medicina è la vittoria, quindi se la sapienza di questi veggenti è giusta, la Lucchese ha avuto la sua cura e magari d'ora in avanti potrà giocare anche meglio.

A noi che ci capiamo meno invece continua a risultare un po' oscuro come l'attacco di questa squadra possa iniziare ad essere produttivo senza imprese di individualità come Remorini, Vignali e lo stesso Nannelli, ma siamo fiduciosi. Comunque, contro il Savona a sistemare le cose ci ha pensato Bitep, non con una giocata di pallone ma entrando in campo con tanta voglia di lottare e quindi senza essere travolto dalla paura come sembra capiti ad altri: è bastata la sua tenacia per indurre il capitano ospite a una trattenuta per la maglia in area, innocua ma troppo vistosa per essere ignorata dall'arbitro. Al resto ci ha pensato il terzo portiere 'over' misteriosamente ingaggiato da una squadra che ha un problema enorme con gli 'under' da mandare obbligatoriamente in campo, non tutti pronti per affrontare un campionato del genere con una maglia che in queste categorie è pesante come quella Rossonera, vedasi l'inqualificabile espulsione rimediata ieri da Lucarelli che ha pensato bene di affibbiare un gratuito buffetto in testa a un avversario rischiando di compromettere un risultato che per i suoi era fondamentale.

Si è iniziato con gli antichi rapporti fra Lucca e Savona, ma come sono oggi questi rapporti? Ecco, diciamo che a risvegliare un po' lo stadio dal torpore di una partita inguardabile ci hanno pensato alcuni vecchi cori anni Ottanta: le due tifoserie non si piacciono, ma mentre i liguri si rivolgevano direttamente ai lucchesi, la curva di casa offendeva per interposta persona, ovvero appellandosi all'odiato, e gemellato col Savona, Spezia: solo cantando il vecchio ritornello che fra gli altri coinvolge Spalletti, qualcuno in gradinata si è risvegliato dal torpore di uno stadio desolato.



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