Rubriche : romanzo rossonero
martedì, 11 febbraio 2020, 08:17
di emanuela lo guzzo
Lido faceva la moka sul fornello elettrico e nel magazzino del Porta Elisa, insieme alle pile di maglie e pantaloncini che sistemava con cura, c’era sempre quell’odore rassicurante di caffè. Lo ha fatto ogni giorno, per lunghissimi anni, prima di ogni allenamento, prima dei distributori automatici, prima degli uffici sotto la tribuna, prima di internet, del quarto uomo, delle pay tv e della Snai. Prima e dopo vittorie, sconfitte, settimane serene o difficili, fallimenti e ripartenze. Lido c’era da prima. Versava il caffè nei bicchierini di plastica e attraversava il corridoio degli spogliatoi, un po’ fischiettando e un po’ brontolando, per offrirlo allo staff e a chi stava lavorando dall’altra parte dello stadio. Fischiettava Lido. E sentiva la tensione delle partite come se dovesse giocarle lui. Quindi, sia in casa che in trasferta, preferiva non guardarle ma rimanere in magazzino o negli spogliatoi affacciandosi solo di rado sul campo. Aveva una dedizione e un attaccamento per i colori rossoneri paragonabili solo a quelli che nutriva per la sua adorata famiglia. Lido Marcucci, magazziniere storico della Pantera, esempio di mite ostinazione, di burbera tenerezza e gran brava persona, è stato per una vita l’anima della Lucchese, una figura discreta e silenziosa che nella sua timida, composta e schiva grandezza, senza tanti proclami né dichiarazioni d’amore di circostanza, è rimasto fedelmente e senza orari, nel tempo e finché ha potuto, al servizio della causa rossonera. E tra innumerevoli aneddoti, racconti e ricordi che da quando si è diffusa la triste notizia della sua scomparsa stanno affollando la mente di chiunque lo abbia conosciuto e gli abbia voluto bene - calciatori, allenatori, direttori, presidenti, dirigenti, raccattapalle e addetti ai lavori - noi vogliamo fermarci un attimo a occhi chiusi per immaginarlo ancora e sempre lì, in quell’angolo del Porta Elisa dove si sentiva ed era a casa. Si è spento di domenica, dopo il pareggio casalingo della Lucchese beffata a sei secondi dal triplice fischio, un risultato che lo avrebbe reso ancora più taciturno e scuro in volto.
La sfida Lucchese-Casale si svolge poche ore dopo la finale del festival di Sanremo, a una settimana esatta dall’unico vero spoiler sul vincitore: quello fatto da noi e dai tifosi rossoneri oltre sette giorni prima di quello di Sky. Il vincitore è la Lucchese, ma noi lo sapevamo già. Perché ne abbiamo passate tante da aver imparato a guardare oltre e attraverso. Perfino oltre un risultato che per un attimo è suonato come una sconfitta. Perché un paese impegnato nella repressione e nella lotta alla violenza negli stadi in cui però si accetta quasi come un fatto di costume una rissa - anche solo verbale - nel dietro le quinte dell’evento principale trasmesso dalla televisione di stato è un paese in confusione. E noi invece le idee le abbiamo chiarissime.
Prima del fischio d’inizio l’Amadeus e il Fiorello nostrani premiano Agnese, tifosa storica che anche domenica scorsa era su uno dei pullman diretti a Sanremo al seguito della squadra. Alla farsa di Diletta Leotta sul tempo che passa, la Lucca calcistica risponde con Agnese. E non c’è partita.
I calciatori rossoneri al Porta Elisa, contrariamente ai concorrenti che all’Ariston devono scendere la scalinata, le scale devono farle in salita per raggiungere il loro palcoscenico. La salita. Quella costante degli ultimi anni della Pantera, quel sentiero sconnesso e faticoso che ha accompagnato la recente storia del club. Contro il Casale la Lucchese sceglie l’outfit biancorosso - quello creato appositamente per celebrare i 115 anni - che onestamente fa un po’ Fiorentina delle origini e un po’ squadra di rugby, ma come nel caso di Elettra Lamborghini, quando una è bona - e la Pantera lo è - le si passa anche l’abbigliamento discutibile. Manca Cruciani ed è un'assenza che pesa come quella di Vessicchio a dirigere l'orchestra nonostante Lionetti metta in mostra le sue qualità.
Il vantaggio di Iadaresta dal dischetto, con la complicità dei risultati momentaneamente favorevoli che arrivano dagli altri campi, sembra poter significare la conferma del primato e il distacco dalle inseguitrici. Il Porta Elisa è il più bello di quelli visti finora in questo campionato e la sua non è “una bellezza che capita” né una bellezza di plastica. Nel suo monologo vero, autentico e non studiato a tavolino, mostra la propria variegata composizione, tra fedeli assoluti, sciarpe al collo, spettatori razionali, commissari tecnici, arrabbiati cronici, criticoni, perditempo della domenica e bambini entusiasti.
Ospiti d’onore: Steve Tucker e sua moglie Ali, supporters dei Pompey e amici dei tifosi rossoneri arrivati direttamente da Portsmouth per sostenere la Lucchese. Altro che la Capotondi!
Al 92’, nonostante qualche gaffe, siamo comunque in testa al televoto, ma dopo appena una manciata di secondi un paio di coristi rossoneri steccano il finale un po’ come Tiziano Ferro. Roba che capita solo a chi ci prova. Pazienza, il pallone è rotondo così come le note musicali sono sette, il festival è comunque già vinto e per il campionato c’è semplicemente da ripartire dal prossimo impegno a Savona, con la convinta e convincente sicurezza di Gabbani e senza le isterie dei vari Morgan.
Ciao Lido, per questa ultima trasferta ti aiutiamo tutti a caricare le borse sul pullman e siamo davvero tantissimi.
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