Rubriche : pagine sportive

Un'estate in Italia. 1990, il Mondiale delle notti magiche

sabato, 29 agosto 2020, 14:06

di simone pellico

Un'estate in Italia. 1990, il Mondiale delle notti magiche

di Matteo Fontana

Eclettica Edizioni

€ 18,00

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A 30 anni dalle "notti magiche" Matteo Fontana riaccende i riflettori sul Mondiale in Italia. Tutto il Paese si univa per celebrare uno dei punti più alti dell'Italia sportiva ed economica. Ma più che una rampa di lancio, si trattava delle rotaie delle montagne russe, della salita prima della discesa ripida. Abbiamo rivolto alcune domande all'autore

Come arrivava l'Italia, come Paese, all'appuntamento con il Mondiale giocato in casa?

"Arrivava sull'onda del boom economico degli anni '80, della Milano da bere, dei successi imprenditoriali e sportivi. Il Paese aveva superato gli anni di piombo e sembrava libera di lanciarsi a folle velocità verso il paradiso. Il risveglio sarà invece brusco. Il Mondiale diventa quindi l'emblema di un passaggio epocale, per la società ma anche per il calcio stesso, sempre meno fattore popolare". 

E l'Italia sportiva come si presentava all'appuntamento?

"Con una forma che non sarebbe più tornata, da un punto di vista di entusiasmo e di risultati dei club. "Credo che un sogno così non ritorni mai più...", per dirla con le parole di Domenico Modugno. Pensiamo solo al fatto che quell'anno tutte le coppe parlavano italiano. La Coppa dei Campioni fu vinta dal Milan, la Coppa delle Coppe dalla Sampdoria e la Coppa Uefa vide addirittura il derby fra Juventus e Fiorentina. Una torta su cui mancava - e mancò - la ciliegina del Mondiale".

Chi è stato, fra i tanti, il vero numero 10 di quel Mondiale?

"Nel bene e nel male è stato Diego Armando Maradona. Ha diviso l'opinione pubblica rispondendo alle polemiche o creandole. Allo stesso tempo ha trascinato l'Argentina nonostante non fosse nel pieno della forma: è stato un fattore determinante pur in una fase già declinante della sua carriera. Nonostante quell'anno avesse vinto il secondo scudetto con il Napoli si intravedeva la fine dell'apice della sua carriera. Ma indubbiamente fu grazie a lui che l'Argentina arrivò fino in fondo".

In questi 30 anni cosa è cambiato di più in Italia secondo te?

"Il mondo è stato stravolto in generale. Sono passate almeno due 'rivoluzioni': una è quella della globalizzazione tout court e dunque l'accelerazione delle logiche di mercato, con i conseguenti fattori anche disgreganti per la coesione sociale; poi la rivoluzione digitale, il web, la connessione permanente. Questo ha avvicinato le possibilità di contatto fra le persone ma anche virtualizzato la società. Ciò ovviamente ha inciso sulla società e anche sul calcio. La globalizzazione fa anche rima con la famosa"sentenza Bosman", che ha portato al depauperamento di tanti settori giovanili e anche alla volatilità del mercato del calcio, e banalmente la definitiva chiusura della grande epoca delle bandiere. Parlando in termini di identità, quindi, nessun paragone possibile fra oggi e ieri".

Come sono cambiati quindi i giocatori?

"I giocatori sono diventati delle aziende a se stanti. C'è chi può essere paragonato ad una multinazionale, chi a un piccola bottega, ma sempre di aziende si tratta. Questo ha portato anche ad una più difficile fruibilità di quel prodotto calcio - perché è stato trasformato in prodotto - che è diventato un usa e getta. Sicuramente all'epoca del Mondiale del 1990 c'era una percezione che il calcio in Italia fosse una grande religione laica ed un fatto cogente per il Paese. Questi fattori sono andati scadendo nel corso dei decenni". 

Come mai l'Italia non ha vinto il Mondiale giocato in casa?

"Per un solo episodio: il gol di Caniggia nella gara contro l'Argentina. Poi i rigori e la grande prova di Goygochea. Se vogliamo forse trovare una scelta che, con il senno di poi, avrebbe potuto dare un tono diverso a quella partita, è la scelta di Vicini di mettere un Vialli non al pieno della condizione al posto di Baggio, che formava una coppia affiatata con Schillaci. Ma tendo di più al fatalismo: quando devi vincere vinci, quando non devi vincere non vinci".

 

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La scheda del libro
L’attesa sta per finire. Nel giugno del 1990 cominciano i Mondiali organizzati dall’Italia. L’avvenimento è imponente: sono state spese centinaia di miliardi di lire per ammodernare gli stadi o per costruirne di nuovi, per adeguare le infrastrutture e sviluppare le reti di servizi. Un impegno economico gigantesco per una nazione che ha vissuto lungo l’onda del boom degli anni ’80. Il calcio ne è il grande simulacro. La Serie A è il campionato più bello, ricco e appassionante del pianeta. I Mondiali devono essere la celebrazione di quell’Italia. Gli Azzurri, allenati da Azeglio Vicini, pacato e paterno commissario tecnico, sono chiamati a vincerli. La squadra è forte, pronta a sfidare le altre grandi alla caccia del successo, dal Brasile alla Germania Ovest. E poi c’è l’Argentina, che detiene il titolo, ha alzato la Coppa in Messico, quattro anni prima ed è trascinata da Diego Armando Maradona. Saranno i Mondiali degli sperperi e delle sorprese, del grande sogno italiano svanito, del Camerun di Roger Milla, dell’Inghilterra di Paul Gascoigne, della Jugoslavia di Dragan Stojkovic. Tanti improvvisi eroi stupiranno. Su tutti, Totò Schillaci, che diventerà l’emblema di un Paese che mai come in quei giorni d’estate si sentì unito. È la dolcezza delle notti magiche. Chi le ha vissute non le dimenticherà mai.

L'autore
MATTEO FONTANA, nato nel 1976, giornalista, scrive per il “Corriere di Verona”, è corrispondente per “La Gazzetta dello Sport” e coordinatore di redazione del sito www.hellas1903.it. Collabora con la rivista indipendente “Athleta”. Maturità classica, laureato in giurisprudenza, ha pubblicato i libri “La maglia gialloblù” (New Art Photo, 2012), “All’inferno andata e ritorno – Cronache di quando l’Hellas “doveva” sparire” (Scripta, 2014), “Il miracoliere – Osvaldo Bagnoli, l’allenatore operaio” (Eclettica, 2016), “Il duello – Moser contro Fignon, una sfida leggendaria” (Absolutely Free, 2017), “Cavalli selvaggi – Campioni romantici e ribelli nell’Italia di piombo” (Eclettica, 2018) e “Giorni di tuono – Un mese per vincere: l’impresa del Verona” (Eclettica, 2019). Ha curato il soggetto dell’opera teatrale “Verona8485



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