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giovedì, 4 settembre 2025, 08:40
Per decenni, le fiere di design hanno rappresentato il cuore pulsante dell’innovazione nel settore dell’arredamento e della progettazione d’interni. Eventi come il Salone del Mobile di Milano, il Maison&Objet di Parigi o l’ICFF di New York hanno attirato migliaia di espositori e visitatori da tutto il mondo, fungendo da punto d’incontro tra creatività, business e tendenze. Tuttavia, negli ultimi anni — complice la trasformazione digitale e le nuove esigenze logistiche e ambientali — il panorama sta cambiando rapidamente.
Oggi, il design non si racconta più soltanto attraverso stand imponenti e installazioni spettacolari. Sta emergendo un nuovo paradigma in cui il contatto fisico con i prodotti convive (e a volte si fonde) con esperienze digitali immersive. Un esempio calzante è la possibilità di esplorare online collezioni e complementi d’arredo, come una poltrona o un’intera linea di sedute, attraverso showroom virtuali e configuratori 3D. Questa ibridazione tra fisico e digitale sta ridefinendo il concetto stesso di “fiera” e il ruolo delle aziende che vi partecipano, incluso il cliente protagonista di questo approfondimento.
Le fiere di design hanno sempre avuto un duplice ruolo: da un lato quello di presentare novità di prodotto a un pubblico altamente qualificato, dall’altro quello di creare relazioni, alimentare il networking e stimolare la nascita di collaborazioni internazionali. La componente esperienziale — toccare con mano un materiale, sedersi su un prototipo, osservare la resa di una texture sotto differenti luci — ha storicamente fatto la differenza.
Tuttavia, l’accessibilità geografica e i costi elevati hanno sempre rappresentato un limite per una parte del pubblico. Già prima della pandemia si parlava di format ibridi, ma il 2020 ha accelerato la transizione: molti eventi sono stati cancellati o trasformati in versioni digitali, rivelando sia le potenzialità che le criticità di questo approccio.
Le fiere digitali non sono semplicemente “versioni online” di quelle fisiche. Si tratta di esperienze progettate per il web, che integrano video in alta definizione, tour virtuali a 360°, modelli 3D interattivi e persino ambienti di realtà aumentata. Questi strumenti consentono di vedere un prodotto in ogni dettaglio, di contestualizzarlo in un ambiente virtuale e, in alcuni casi, di modificarne colori e materiali in tempo reale.
Le piattaforme dedicate permettono inoltre di fissare meeting con i rappresentanti delle aziende, partecipare a conferenze live-stream e accedere a contenuti esclusivi on-demand. La logica non è più solo “visitare” ma “interagire”, superando i vincoli di spazio e tempo.
Nonostante i progressi tecnologici, il digitale non riesce ancora a replicare alcune sensazioni fondamentali per il design: la consistenza di un tessuto, la resistenza di una struttura, l’odore di un materiale naturale. In un settore dove l’ergonomia, il comfort e la resa estetica reale sono determinanti, questo rimane un ostacolo significativo.
Per questo motivo, molte aziende e organizzatori stanno puntando su un modello ibrido: presentazione online seguita da eventi fisici più piccoli e mirati, o viceversa, in modo da combinare la portata globale del web con l’esperienza tattile del reale.
La realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR) stanno avendo un impatto crescente sulle fiere di design. La AR, integrata in app e siti web, permette di “proiettare” virtualmente un prodotto nel proprio spazio domestico: basta inquadrare la stanza con lo smartphone per vedere come starebbe una lampada o una poltrona accanto al divano.
La VR, invece, consente di esplorare interi padiglioni virtuali, muovendosi tra gli stand e interagendo con i prodotti in modo realistico. Questo approccio non solo riduce i costi e l’impatto ambientale, ma amplia anche il pubblico potenziale, raggiungendo chi non potrebbe mai recarsi fisicamente a un evento.
Le aziende del design stanno ripensando le proprie strategie di partecipazione. Se un tempo la presenza fisica era imprescindibile, oggi si valutano soluzioni più flessibili: esposizioni fisiche limitate ai prodotti più iconici, mentre il resto del catalogo viene presentato online; anteprime digitali per generare interesse prima della fiera; o esperienze “phygital” che uniscono storytelling e interazione.
Gli organizzatori, dal canto loro, stanno sviluppando piattaforme proprietarie che restano attive anche dopo l’evento, trasformando la fiera in un hub permanente di contenuti e contatti.
Un altro elemento che sta accelerando la transizione verso eventi digitali o ibridi è la crescente attenzione alla sostenibilità. Le fiere fisiche richiedono spostamenti internazionali, montaggi complessi, consumi energetici elevati e produzione di materiali promozionali spesso destinati a essere smaltiti.
Ridurre il numero di fiere fisiche, o trasformarle in eventi più contenuti, permette di abbattere drasticamente l’impronta di carbonio del settore. Il digitale, se ben progettato, può contribuire a un approccio più responsabile, pur mantenendo viva la componente relazionale.
Il visitatore delle fiere di design sta cambiando: non si tratta più soltanto di architetti, interior designer e buyer, ma di un pubblico più ampio, spesso mosso da interessi personali e culturali. Il digitale permette di includere appassionati e curiosi, creando un legame diretto con il brand e arricchendo il potenziale di mercato.
Allo stesso tempo, la maggiore accessibilità richiede contenuti più curati e coinvolgenti, capaci di competere con l’overload di stimoli che caratterizza il web.
Nonostante i vantaggi, la transizione verso le fiere digitali presenta sfide importanti:
Monetizzazione: i modelli di ricavo tradizionali, basati su spazi espositivi fisici, devono essere reinventati.
Engagement: mantenere alta l’attenzione del pubblico online è più difficile che in un contesto fisico.
Qualità tecnica: esperienze immersive e contenuti multimediali richiedono infrastrutture digitali solide e investimenti tecnologici.
Formazione: espositori e visitatori devono imparare a utilizzare al meglio le nuove piattaforme.
Nel medio termine, il futuro delle fiere di design sembra orientarsi verso un modello misto, in cui il digitale funge da porta d’ingresso e il fisico diventa il momento di conferma e relazione.
Potremmo assistere a un calendario di eventi ridotto ma distribuito in modo strategico, con anteprime e follow-up digitali che ne prolungano l’efficacia. La componente internazionale resterà forte, ma sarà mediata da strumenti che ridurranno i costi e l’impatto ambientale.
L’ibridazione tra reale e virtuale non è più una sperimentazione, ma una necessità. Per aziende e professionisti del settore, la sfida sarà trovare il giusto equilibrio, trasformando il cambiamento in opportunità.
Il mondo del design è, per sua natura, aperto all’innovazione e alla contaminazione tra linguaggi e tecnologie. Le fiere, cuore di questo universo, non scompariranno, ma cambieranno volto. Il passaggio dai saloni fisici alle esperienze digitali non segna la fine di un’epoca, bensì l’inizio di una nuova fase in cui accessibilità, sostenibilità e interazione saranno al centro.
Chi saprà interpretare e integrare al meglio questi strumenti avrà la possibilità di ampliare il proprio raggio d’azione e rafforzare il legame con un pubblico sempre più esigente e globale.
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